Il Progetto Liberazione
Nella Prigione è un'iniziativa gestita dall'Istituto Lama Tzong
Khapa di Pomaia e ha lo scopo di fornire ai detenuti un sostegno
mentale che permetta loro di aprirsi a visioni e rappresentazioni
della realtà più ampie e più incoraggianti, così da sentirsi
almeno mentalmente più liberi nonostante la loro prigionia
materiale. Karuna ha aderito a questa iniziativa e in rappresentanza
di essa, a partire dal giugno 2011, ho condotto e conduco tuttora una
serie di incontri settimanali nel carcere di Genova Pontedecimo. Come
previsto dal Progetto, questi incontri non mirano a promuovere
l'adesione dei partecipanti al Buddhismo, ma intendono utilizzare la
psicologia buddhista in sinergia con quella occidentale al fine di
fornire un aiuto allo stato d'animo dei detenuti, aiuto di cui le
persone che si trovano in carcere hanno particolarmente bisogno.
Gli incontri, della
durata di circa due ore, prevedono in genere una parte dedicata
all'ascolto attento di quanto i partecipanti, se lo ritengono
opportuno, desiderano raccontare in relazione ai loro problemi,
ascolto che i detenuti difficilmente trovano nell'ambiente in cui
vivono e che rappresenta per loro una prima forma di sollievo. Vi è
poi una conversazione-lezione su un tema che interessa la vita
mentale, emotiva e spirituale, animata dai commenti e dalle
osservazioni dei partecipanti: tra i temi da me trattati vi sono
stati la consapevolezza, l'impermanenza, la connessione con gli
altri, la gestione delle emozioni negative quali rabbia, tristezza,
ansia, avversione e odio, la gentilezza, la compassione,la gioia,
l'equanimità, i princìpi dell'etica buddhista, l'educazione alla
pace e il valore della non violenza, le modalità di gestione dei
conflitti, la fede nel futuro e nella nostra natura profonda, la
semplicità, il concetto e il valore di un percorso spirituale. Uno
spazio finale è dedicato al silenzio e alla meditazione.
L'attenzione e
l'interesse verso questi incontri non sono diffusi nella maggioranza
dei detenuti e le cause di ciò sono molteplici. In primo luogo è il
livello molto elementare di educazione e cultura della maggior parte
di loro che li porta a considerare addirittura inesistente un modo di
pensare e di sentire diverso da quello in cui sono sempre vissuti,
per cui non aspirano a niente di nuovo e intendono continuare così.
E' anche presente la tendenza a considerare iniziative del genere
come provenienti dall'autorità allo scopo di farli star buoni, e
questo urta il proposito di molti di affermare invece la loro
opposizione a ogni tipo di autorità e diventare, se possibile,
ancora più duri e violenti. Un' aspirazione che viene spesso sentita
è allora quella di migliorare la propria abilità nel procurarsi in
qualsiasi modo un profitto, per cui sono i detenuti più esperti
quelli dai quali, secondo loro, si può apprendere qualcosa di utile.
Essendo la partecipazione
al Progetto soltanto volontaria, l'educazione di tutti i detenuti a
una migliore condotta di vita è un compito che dovrebbe essere
professionalmente svolto dalle strutture istituzionali del carcere,
ma ciò molto spesso non avviene.
I partecipanti agli
incontri appartengono a un ambiente non così refrattario e
mentalmente meglio disposto: si tratta di persone che la prigionia
induce a riflettere sulle cause della loro situazione e a cercare di
migliorarla aprendosi a nuovi orizzonti mentali e rendendosi conto
dei bisogni profondi che fino allora non avevano nemmeno avvertito. I
partecipanti provano non solo la sensazione di essere aiutati e
capiti, il che già rappresenta un sollievo, ma anche quella di
crescere. In questo modo la detenzione viene a rappresentare non solo
una pena, ma anche un'occasione di progresso, favorevole al
miglioramento della loro condotta sia nel momento attuale, sia quando
potranno sperimentarla dopo che saranno liberati. E' molto comune un
atteggiamento meno reattivo e più equilibrato, dopo la meditazione
alcuni hanno detto che non si erano mai sentiti così calmi. Da
qualche altro ho saputo che ogni volta contava i giorni che lo
separavano dal prossimo incontro.
Anche per lo scrivente la
partecipazione a questo Progetto si è rivelata particolarmente
importante, permettendo sia di applicare nella pratica il prezioso
principio della compassione, sia di ricevere dagli stessi detenuti
una più profonda formazione in materia di sensibilità e
comprensione.
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Ringraziamo sentitamente il Dr. Franco per la sua gentile e competente attività come volontario.
Dalle sue parole traspare serenità e quanto sia grande il bisogno di queste persone di non sentirsi abbandonate.
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